Motus-E, le ecar in Italia: «Nel 2030 elettriche il 50% delle auto vendute»
Articolo pubblicato venerdì 29 Gennaio 2021

«Per quanto riguarda la mobilità elettrica non ci sono dubbi: l’Italia insegue gli altri paesi. Basta un confronto tra Italia e Germania: nel 2020 da noi sono state vendute poco più di 32mila auto elettriche; da loro quasi 195mila». Eppure il trend si rafforza anno dopo anno come ci ha spiegato Dino Marcozzi, Segretario generale di Motus-E, associazione fondata nel 2018 che raggruppa oltre 60 operatori del mondo automotive, dai fornitori di infrastrutture elettriche e di ricarica alle università, fino alle associazioni ambientaliste. Secondo gli ultimi dati pubblicati sul loro sito, lo scorso anno è stato un anno comunque record per l’auto elettrica in Italia: +251% di vendite rispetto al 2019. Numeri piccoli, come si è visto, rispetto al parco circolante in Italia, dove ancora diesel e benzina sono diffusi. «Da nord a sud sono presenti 39 milioni di auto», ha spiegato Marcozzi. Ma la nicchia potrebbe ingrandirsi nel giro di un decennio. «Abbiamo dovuto rivedere i nostri trend: nel 2025 prevediamo 200mila immatricolazioni di BEV, ovvero i Battery Electric Vehicle, le elettriche pure. E questo porterà a oltre un milione di queste quattro ruote in circolazione. Nel 2030 saranno cinque milioni, il che vuol dire che un’auto su sei sarà elettrica».

Se si parla di elettrico non si può non partire da Tesla, l’azienda di Elon Musk che oggi è la casa automobilistica più quotata al mondo. Nel 2020 ha venduto quasi mezzo milione di veicoli. Guardando a tutte le fiere e saloni dell’automobile (soprattutto virtuali negli ultimi mesi), il trend dell’elettrico sembra però aver convinto la maggior parte delle case produttrici. «Le cose cambieranno anche con le decisioni dell’Unione Europea, che imporrà nuovi limiti alle emissioni», ha spiegato il Segretario generale di Motus-E. Prima dello scoppio della pandemia, la Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen aveva infatti lanciato il Green New Deal per fare dell’Europa un continente all’avanguardia sulle tecnologie green. Come ci ha spiegato Dino Marcozzi, l’avanzata dell’auto elettrica porta con sé anche diversi ragionamenti sul legame tra i consumatori e l’automobile. Ora che si parla tanto di nuova normalità, il rapporto con il mezzo privato potrebbe cambiare. In meglio se si guarda ad alcuni numeri.

«Su 39 milioni di auto presenti in Italia solo il 5% è in movimento, mentre il restante 95% è fermo, parcheggiato – ha commentato – il rapporto tra automobili e abitanti è di 6 a 10. Da noi resiste ancora l’idea del possesso dell’auto, ma se si guarda all’estero si capisce che è un concetto antico». Forse la diffusione dello smart working e di un nuovo modo di lavorare, più agile e meno legato alla presenza in ufficio, potrebbe influenzare le scelte di acquisto o meno di un mezzo privato, magari assecondando noleggi e leasing. Moltissime case automobilistiche stanno investendo nell’elettrico, ma questo non significa che il dibattito veda tutti d’accordo. Ha fatto molto rumore la dichiarazione di Akio Toyoda, amministratore delegato di Toyota (per inciso, la casa automobilistica giapponese superata da Tesla in quanto a quotazione): «I veicoli elettrici sono sopravvalutati». E questo perché le emissioni di anidride carbonica prodotte dalla generazione di elettricità sfaterebbero il mito della sostenibilità delle ecar secondo Toyoda.

«Anche Toyota vende elettriche – ha spiegato Marcozzi – ha rinunciato al diesel e ha sviluppato molto l’ibrido. Dal momento che la seconda auto più venduta negli Stati Uniti è la Toyota Rav, un’ibrida, è ragionevole aspettarsi che la casa automobilistica non abbia nessuna intenzione di rinunciare a questo mercato. Il ragionamento da cui partire prima di parlare di elettrico è che le auto elettriche non arriveranno domani mattina. Bisogna prima far scendere i prezzi». E, come ovvio, non bastano soltanto auto elettriche per spazzare via diesel e benzina: occorre una rete di colonnine di ricarica. «In Italia sono 20mila: troppo poche e mal distribuite». Guardando all’estero un modello è quello di Amsterdam. «Non essendoci box, chi ha un’auto elettrica può chiedere di farsi installare una colonnina nel parcheggio davanti casa. L’operazione, tra pratiche e burocrazia, termina in 90 giorni. Da noi ci può volere più di un anno». Ma spetta soltanto al pubblico occuparsi dell’infrastruttura che regge e rende possibile una mobilità elettrica diffusa sul territorio? « I costruttori d’auto stanno cambiando i propri modelli di business – ha concluso Marcozzi – in futuro venderanno energia e investiranno sempre di più in tecnologie».

Alessandro Di Stefano

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